scene di vita
quotidiana alla fine del '700 ed il miracolo della
Madonna del Buon Consiglio
Madonna del Buon Consiglio
FROSINONE
10 luglio 1796
Domenica,
dal campanile di S. Maria, la collegiata della città, si
levano i rintocchi dell'Ave Maria, siamo in estate ed oggi è
il 10 luglio dell'anno del signore 1796. La voce della campana si
stende sulla piana ai piedi della rocca perdendosi tra i campi
inondati dal sole ormai caldo della bella stagione.
I
contadini cominciano a far ritorno in città caricando i
somari degli attrezzi del lavoro contadino, dei frutti della terra
e di altre masserizie. Passando dal ponte della fontana (De
Matthaeis, n.d.A.), molti si fermano a riempire d'acqua le conche
alla fonte, e il tratto di strada tra l' osteria della posta e il
ponte si anima di gente che rientrando rallenta a raccontarsi la
giornata. Un gruppo di bambini sta giocando a rincorrere le
galline davanti alla chiesa cinquecentesca di S. Tommaso: il
tempo, gli eserciti e l'umidità l'hanno malridotta, e il
fervore edilizio che anima il centro cittadino sembra che si sia
fermato alla fontana del Bussi, poco vicina; il pesante portale di
legno di faggio è aperto e invita alla messa coloro che
ancora non hanno potuto assistervi.
Intanto su, in città,
la temperatura più fresca dell' ora serale porta la gente a
soffermarsi per strada, davanti ai portoni delle case rimesse a
nuovo da poco o appena costruite. In piazza di porta Romana (p.ta
Garibaldi, n.d.A.), si leva il vociare del popolino che si agita
tra i carretti rientrati dalla valle, mentre tre sbirri e un
graduato controllano l'ingresso della porta con il moschetto in
spalla e lo sguardo annoiato. Alcuni signori, tra cui un medico e
due notai, discutono tra loro con aria preoccupata delle notizie
che giungono dai confini dello Stato Pontificio, pare che
l'esercito napoleonico avanzi senza trovare particolari problemi
sulla sua strada.
Percorrendo
la strada che collega le tre porte della città (via
Garibaldi - via Angeloni, n.d.A.), arriviamo in prossimità
di un'antica chiesa conventuale, la SS. Annunziata (vi risiedevano
i Francescani nel medioevo), presso la quale inizia la strada che
porta alla Rocca (nell'evo antico alla Civita) e alla piazza di S.
Benedetto passando dietro l'abside della collegiata e sotto il
campanile. Nei pressi della piazza si nota un cantiere in
attività: è quello della chiesa di S. Benedetto,
aperto da quarantasei anni. Gli operai in questi giorni stanno
realizzando il tetto dell'edificio sacro, sotto lo sguardo vigile
del parroco don Bernardino di Dini, preoccupato di finire i lavori
prima dell'arrivo della cattiva stagione (i lavori finiranno
completamente l'anno seguente, n.d.A.).
Sulla
strada che dalla SS. Annunziata porta a S. Benedetto, sorge il
palazzo della famiglia Ciceroni (di fronte l'edificio che
attualmente ospita il museo archeologico cittadino: i portali e le
finestre del piano terra sono sopravvissuti e ammirabili
tutt'oggi, n.d.A.); anche quest' edificio ha l'aspetto di un
cantiere aperto: la ricca e nobile famiglia frusinate sta infatti
rimettendo a nuovo la casa, che quindi non è del tutto
abitabile. Dal portone appena aperto del palazzo esce una donna
sopra la cinquantina in compagnia delle due ragazze adolescenti
figlie del patrizio Ciceroni: la donna è Maria Salome Ronca
e da trentasei anni è a servizio da questi signori. Da poco
tempo ella ha cura di un quadro, custodito in casa, che raffigura
la Madonna con il Bambin Gesù: Maria è molto
affezionata a questo quadro (autore locale del secolo XVI,
n.d.A.), tanto da tenerlo in camera sua, almeno fino a pochi
giorni prima, quando a causa del cantiere, ha dovuto spostare
tutte le sue cose in casa della sorella presso la casa Guglielmi,
al numero 97 del Rione Civita.
Sono
passate ormai un paio d'ore dall' Ave Maria, e le tre donne, mosse
dalla devozione alla Madonna, si recano, come tutti i giorni, a
recitare il rosario davanti alla cara immagine insieme ad altre
donne tra cui Aurelia Pilotti. Dopo la recita della Salve Regina
la più piccola delle due ragazze Ciceroni, Geltrude di
quindici anni, si alza per togliere il velo che cela l'immagine
senza riuscirci; si alza allora Maria per aiutare la ragazza, e
quello che appare ai loro occhi ha del miracoloso: l'immagine
della Madonna muove le palpebre. Per lo stupore il gruppo di donne
si mette a gridare richiamando l'attenzione del farmacista
Giacinto Tesori e del capitano Michele Cerroni, che si trovano a
passare li vicino in compagnia di Pietro Spaziani
e Anselmo Lavinia. Qualche minuto dopo il Canonico Cerroni arriva
nella casa del miracolo chiamato da alcune persone, e accertatosi
della straordinarietà del fatto, si affretta a trasportare
il quadro nella chiesa di S. Benedetto.
E' notte e tutta la città
è in subbuglio per la notizia, tra le autorità
comunali c'era scetticismo sull'accaduto, ma anche i conservatori
comunali hanno dovuto ricredersi una volta constatato il fenomeno.
Per tutta la notte la popolazione della città e delle
contrade esterne si muove ad ammirare il prodigioso avvenimento:
"La Madonna apriva gli occhi e guardava i fedeli, poi il viso
diveniva colore vermiglio. Alle volte l'occhio sinistro che
guardava il Bambino si velava di pianto. Il
P. Francesco De Paola, liguorino, predicò un triduo,
esortando a penitenza e alla devozione verso la Madonna" (da
I. Barbagallo, "Lineamenti...", pg.289).
Una
settimana dopo a Frosinone si svolse una processione con la
partecipazione dei vescovi di Veroli, Anagni, Alatri e Ferentino
(all'epoca le diocesi erano differenti da come sono oggi, n.d.A.),
e pare, dai documenti del processo, che si verificarono anche dei
miracoli. Il fatto straordinario durò per ben sei mesi,
e in questo tempo la devozione della gente portò doni e
offerte in denaro (qualcuno offrì addirittura 300 scudi);
questi oboli servirono alle rifiniture della navata centrale della
chiesa di S. Benedetto e alla copertura della stessa, oltre che
per la costruzione della cornice con l' angelo, che ancora oggi
orna il quadro, e alla preparazione della corona della Madonna.
Nota:
il presente racconto dei fatti che si svolsero il 10 luglio 1796,
è stato elaborato sulla
base
della descrizione dell'avvenimento fatta da padre Ignazio
Barbagallo nel suo libro,
oltre
che con l'ausilio di documenti originali.
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